sabato 25 maggio 2024

LE LEGGI

PENSIERO INTERNO ALL’OPERA


Nelle "Leggi", Platone mira a trasferire nella società l'ordine armonioso che regola il cosmo. L'opera, pubblicata postuma e suddivisa in dodici libri, propone una legislazione dettagliata per regolamentare la vita dei cittadini. Contrariamente a quanto alcuni critici sostengono, le "Leggi" non rappresentano una svolta repressiva rispetto al pensiero precedente di Platone, ma continuano a cercare una società giusta e ordinata, evitando conflitti sociali.

Platone diventa più pragmatico rispetto alla "Repubblica", riconoscendo la necessità di una legge inviolabile per tutti, compresi i governanti, dato che la natura umana è fragile. Le leggi hanno una doppia funzione: costrittiva e educativa, mirano a formare bravi cittadini e a correggere gli errori non con vendetta, ma con l'intento di redimere. La vera educazione civile, per Platone, consiste nel far sì che gli uomini accettino e rispettino le regole della società.


MITO 

Nel primo libro delle "Leggi", Platone utilizza una metafora in cui paragona l'uomo a una marionetta guidata da fili, rappresentando le passioni umane come fili di ferro che possono indirizzare l'uomo verso il vizio o la virtù. Tuttavia, esiste un filo d'oro della ragione, simbolo della saggezza, che guida verso la virtù e la giustizia, rappresentato dalla legge comune dello Stato. Questa legge, ispirata dalla ragione divina che governa l'universo, è essenziale per guidare gli uomini nella società corrotta e imperfetta. Platone sostiene che se tutti gli uomini fossero capaci di seguire la ragione, non ci sarebbe bisogno di leggi. Tuttavia, la legge serve a soccorrere la natura umana e a contrastare le passioni.


UNA NUOVA CITTÀ 


La nuova città disegnata dalle Leggi, che forse Platone vedeva più concreta e realizzabile di quella ideale della Repubblica, è una città fortezza, sia per le caratteristiche strutturali, sia per quelle culturali.

Essa ha un numero ridotto di cittadini e un'attenta politica di controllo dei matrimoni e delle nascite. Il matrimonio e la famiglia vengono ora riconosciuti a differenza della Repubblica dove si sosteneva la comunione delle donne e dei beni, ma il loro unico scopo è quello della procreazione. Più in generale, nelle Leggi si sostiene che vanno banditi tutti quei comportamenti che mettono a rischio la serenità della vità. A garanzia di questo ordine Platone istituisce un'organo, quello dei "Custodi della legge" che dovranno vigilare nel rispetto della legislazione. Dunque, secondo Platone la legge è l'unica regina della vita della città: esse ispira la vita di tutti i cittadini, che in tal modo sono sottratti ai capricci dei governanti e dei funzionari.




TIMEO


MITO E TEORIA DEGLI ASTRI

Il "Timeo" di Platone racconta l'origine dell'universo, mescolando mito e scienza. Platone descrive il mondo fisico come altamente probabile e basato su leggi naturali. Inizialmente, l'universo è caos, una materia in continuo movimento, ma il demiurgo, una divinità benevola e intelligente, trasforma questo caos in un cosmo ordinato utilizzando le idee eterne come modello. La materia caotica è modellata come un sarto che crea un tessuto, dando vita all'universo. Il demiurgo crea un'anima del mondo che pervade l'universo, portando ordine e vita. Quest'anima, invisibile e intelligente, unisce i corpi celesti al mondo fisico, mantenendo ordine e armonia. Il demiurgo infonde quest'anima con la più perfetta realtà, dotandola di ragione e intelligenza, garantendo così l'ordine e l'armonia del cosmo.


Nel "Timeo" di Platone, il demiurgo, soddisfatto della sua creazione del cosmo, decide di renderlo ancora più bello e simile al mondo ideale e eterno da cui ha tratto ispirazione. Per dare ordine al corso degli eventi naturali e umani, introduce il tempo, suddividendo l'eternità in giorni, notti, mesi e anni. Questo tempo, con il suo ritmo regolare, imita l'eternità e permette agli uomini di organizzare la propria vita, sebbene il mondo naturale rimanga soggetto a cambiamento, a differenza del mondo ideale che è immutabile.


Il demiurgo crea gli astri, tra cui il sole e la luna, per regolare il tempo e illuminare il mondo, permettendo agli uomini di misurare il trascorrere del tempo. Platone considera gli astri divinità visibili e li associa alle anime degli uomini, creando una relazione tra il movimento celeste e il destino umano. Le anime, abbinate agli astri, devono dominare le passioni per vivere una vita giusta; in caso contrario, sono destinate a reincarnarsi in corpi sempre meno perfetti finché non si purificano.


Questa visione astrale, che Platone avrebbe elaborato ispirandosi a tradizioni orientali, assegna agli astri una funzione divina e perfetta, riflettendo l'armonia e l'intelligenza che governano l'universo. Per Platone, l'ordine celeste rappresenta un modello per l'ordine umano e politico, in cui il movimento regolare degli astri offre agli uomini un esempio da seguire per condurre una vita giusta e armoniosa.

Nuova riflessione


Platone, nelle sue opere "Timeo" e "Leggi", riflette sull'ordine del mondo, sia fisico che umano. Egli vede l'universo come un "cosmo" ordinato e armonioso, animato da una divinità intelligente chiamata "anima del mondo". Platone distingue tra il mondo ideale, perfetto e immutabile, e il mondo naturale, che cerca di imitare l'ordine del mondo ideale. Il suo lavoro ha avuto un grande impatto ed è stato studiato e commentato fino al Medioevo.

Platone continua a esplorare il bisogno di ordine, un tema che aveva già trattato nei suoi dialoghi precedenti. All'inizio, si concentra sull'anima e sulla città ideale, ma poi estende questa idea all'universo intero. Egli vede l'universo come una struttura vivente, ordinata e armoniosa, animata da una divinità intelligente che chiama "anima del mondo".
Per Platone, il mondo naturale è chiamato "cosmo", che in greco significa "ordine". Egli ritiene che il mondo naturale, che è visibile e mutevole, imita l'ordine perfetto del mondo delle idee, che è eterno e immutabile.
La distinzione tra il mondo ideale (perfetto e immutabile) e il mondo naturale (imperfetto e mutevole) diventa meno netta perché il mondo naturale cerca di riflettere quello ideale. Il rapporto tra i due mondi è stretto, poiché il mondo fisico deriva e dipende da quello eterno.

In sintesi, Platone crede che l'universo sia un'entità vivente e ordinata, guidata da una divinità intelligente, e che il mondo naturale cerchi di imitare l'ordine perfetto del mondo delle idee.


domenica 5 maggio 2024

EDUCAZIONE

 EDUCAZIONE DEI FILOSOFI

Platone sostiene che il governo della città deve essere affidato a coloro che possiedono saggezza, ovvero i filosofi. Dopo aver delineato l'ideale di uno Stato giusto, dove ogni classe sociale opera per il bene comune, Platone conclude che spetta ai governanti ricondurre le forze in gioco verso l'unità, evitando il conflitto sociale. Solo i filosofi possono garantire questo risultato grazie alla loro dedizione allo studio e alla conoscenza razionale, superiore ad altre forme di conoscenza.

Il progetto educativo di Platone per i futuri filosofi-governanti mira alla ricerca della Verità e del Bene. L'educazione inizia a sette anni e si basa sulla ginnastica, sulla musica e soprattutto sulla matematica. Platone attribuisce alla matematica un ruolo centrale nella formazione dei filosofi, poiché considera che essa sia lo strumento principale per elevare l'anima alla luce delle idee e prepararla alla filosofia.

Dopo il servizio militare, i giovani studiano le scienze con un metodo che favorisce la visione d'insieme dei problemi. Solo a trent'anni, dopo un rigoroso processo di selezione, i migliori possono dedicarsi allo studio della filosofia e del metodo dialettico, che consiste nel cogliere la verità attraverso l'intelletto.

Dai trentacinque ai cinquant'anni, i filosofi partecipano attivamente alla vita politica per acquisire esperienza pratica di governo. Solo a cinquant'anni, dopo aver superato tutte le prove, possono accedere al governo della città. Tuttavia, Platone impedisce loro di avere famiglia o proprietà privata, per evitare che l'interesse personale possa corromperli. Questo ideale formativo si basa sull'aristocrazia del sapere e della conoscenza, con l'obiettivo di garantire la migliore gestione dello Stato.

POLITICA

 La visione politica di Platone

La visione politica di Platone, esposta principalmente nella sua opera "La Repubblica", si fonda sull'idea che la giustizia sia l'elemento fondamentale per garantire l'armonia e il benessere sia dell'individuo che dello Stato. Platone considera l'uomo come un essere essenzialmente sociale, in quanto la sua realizzazione avviene pienamente solo all'interno della comunità. Pertanto, per Platone, non c'è una separazione netta tra vita privata e vita sociale, tra etica e politica; piuttosto, queste dimensioni sono intimamente collegate.

Secondo Platone, le virtù fondamentali dell'individuo, come saggezza, coraggio, temperanza e giustizia, sono anche le virtù che dovrebbero caratterizzare le diverse classi sociali che compongono lo Stato. La giustizia, in particolare, riveste un ruolo centrale, diventando il tema principale della sua opera "La Repubblica". 

In questo dialogo, Platone suggerisce di immaginare uno Stato ideale, una sorta di modello utopico, dove ogni componente è in armonia con le altre e dove le virtù e la felicità dei cittadini sono garantite. Pur essendo un'utopia, questo modello serve come punto di riferimento per valutare la bontà delle istituzioni politiche esistenti e come un ideale a cui aspirare.

La Repubblica di Platone propone quindi un "modello dello Stato buono" che si pone come criterio di valutazione per le società reali. Anche se questo modello non è mai stato realizzato, Platone lo considerava importante perché offriva un esempio di come la politica potesse essere orientata verso il bene comune e il raggiungimento della giustizia.


Nonostante la sua natura utopica, la Repubblica di Platone è rimasta un testo fondamentale della filosofia politica occidentale, stimolando dibattiti e riflessioni su questioni etiche e politiche ancora attuali.

IL MITO DELLA CAVERNA

 Il mito della caverna

Nel mito della caverna di Platone, l'autore presenta una potente allegoria che illustra il percorso conoscitivo dell'uomo e la natura della realtà. Immagina un gruppo di persone che sono state incatenate fin dalla nascita all'interno di una caverna, costrette a guardare solo una parete di fronte a loro. Questa parete è illuminata da un fuoco situato dietro di loro, mentre tra il fuoco e i prigionieri si trova un muretto basso sul quale camminano delle persone che portano oggetti come statue, figure di animali e vasi. Questi oggetti proiettano delle ombre sulla parete della caverna, che i prigionieri considerano la realtà, poiché non conoscono altro.

Platone utilizza questa immagine per rappresentare la condizione umana comune, in cui le persone sono ignoranti della vera natura della realtà e si accontentano di percezioni superficiali e illusorie. Tuttavia, uno dei prigionieri riesce a liberarsi e a uscire dalla caverna, scoprendo così il mondo esterno e la vera luce del sole. Inizialmente, questa esperienza è travolgente e dolorosa, poiché il prigioniero è abituato solo alle ombre e deve adattarsi alla nuova realtà luminosa e al contatto diretto con gli oggetti stessi, non solo alle loro ombre.

Questo momento di transizione rappresenta il processo di educazione filosofica, in cui l'individuo abbandona l'ignoranza e si apre alla conoscenza della verità. Una volta che il prigioniero ha familiarizzato con il mondo esterno e ha compreso la natura delle cose, sente il desiderio di tornare nella caverna per condividere la sua scoperta con gli altri prigionieri. Tuttavia, quando torna, incontra la resistenza e il disprezzo dei suoi compagni, che non riescono a comprendere o accettare la sua nuova prospettiva. Questo dimostra la difficoltà e la solitudine che possono accompagnare il processo di crescita e di ricerca della verità.

In ultima analisi, il mito della caverna di Platone riflette la sua visione della filosofia come un cammino verso la conoscenza e la saggezza, che richiede uno sforzo individuale per liberarsi dalle catene dell'ignoranza e abbracciare la verità. Essa sottolinea anche il ruolo del filosofo come guida illuminata, che cerca di condividere la conoscenza e di aiutare gli altri a superare le illusioni e a raggiungere una comprensione più profonda della vita e del mondo. Il mito sottolinea l’importanza dell’impegno politico dei filosofi, che devono essere attivi nella vita civile e lottare per il trionfo della giustizia nella società, anche se ciò li porta ad essere fraintesi e derisi.














mercoledì 13 marzo 2024

Platone


PLATONE E LA TEORIA DELLE IDEE


 Platone è stato un importante filosofo greco antico, allievo di Socrate e fondatore dell'Accademia di Atene. È noto per i suoi scritti filosofici, tra cui "La Repubblica", e ha avuto un'enorme influenza sulla filosofia occidentale.

Una delle idee centrali di Platone è la teoria delle Forme o delle Idee. Platone sosteneva che dietro le cose che percepiamo con i sensi esiste una realtà intelligibile e immutabile di idee perfette, o forme, delle quali le cose sensibili sono solo imitazioni imperfette. Ad esempio, c'è l'idea di "bontà" che esiste indipendentemente da oggetti specifici che consideriamo buoni. Questa teoria influenzò profondamente il pensiero filosofico occidentale e ha avuto un impatto significativo sulla metafisica, l'epistemologia e l'etica.


Platone credeva che esistessero due mondi: uno visibile e materiale, fatto di cose che possiamo vedere e toccare, e un altro invisibile e immateriale, fatto di idee o forme perfette. Secondo lui, il mondo visibile è solo una copia imperfetta del mondo delle idee, che è reale e eterno.

Socrate

 Una delle idee centrali di Socrate era l'importanza dell'autoesame e della ricerca della verità attraverso il dialogo critico. Egli credeva che il sapere iniziasse con il riconoscimento dell'ignoranza e che il processo di interrogarsi costantemente portasse alla comprensione più profonda di sé stessi e del mondo circostante. La sua famosa affermazione "Conosci te stesso" enfatizza l'importanza dell'autoconoscenza come fondamento per una vita significativa e virtuosa. Socrate riteneva anche che la virtù fosse conoscenza e che le persone agissero male solo per mancanza di consapevolezza delle conseguenze delle loro azioni. Queste idee hanno avuto un impatto duraturo sulla filosofia occidentale, influenzando pensatori come Platone e Aristotele.


La famosa affermazione "So di non sapere" di Socrate riflette la sua umiltà intellettuale e la consapevolezza della propria limitata comprensione. Socrate riconosceva che non poteva pretendere di sapere tutto e che c'era sempre più da imparare. Questa consapevolezza lo spingeva a continuare a interrogarsi e ad approfondire la sua comprensione attraverso il dialogo critico con gli altri. Questo atteggiamento di modestia intellettuale è fondamentale per il metodo socratico, che si basa sulla ricerca della verità attraverso il ragionamento critico e l'autoesame continuo.

sabato 3 febbraio 2024

GORGIA

 GORGIA

Secondo il sofista siciliano, non esiste nulla di oggettivo, se le cose esistessero, l’uomo non saprebbe conoscerle, pensarle ne comprenderle e anche fossero conoscibili, non potrebbero essere comunicate agli altri poiché il mezzo di comunicazione è la parola e non si può mai identificare con la realtà.

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Lui sostiene che

- l’essere non esiste (implicherebbe una serie di contraddizioni)

- se esistesse non potremmo conoscerlo (il pensiero non corrisponde alla realtà)

- se anche fosse conosciuto non potrebbe essere comunicato attraverso le parole (natura diversa rispetto alle cose)

Per Gorgia l’esistenza è irrazionale e misteriosa, gli uomini non sono liberi ne responsabili, ma soggetti a forze incontrollabili e ignote . 

PROTAGORA

 PROTAGORA 

Pensatore più originale del movimento. Famosa affermazione “L’uomo è misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono”. Esistono diverse interpretazioni a seconda del significato attribuito al termine UOMO, che può essere inteso come singolo e quindi il significato sarebbe che le cose appaiono in modo diverso a seconda del gusto soggettivo.

Uomo inteso come genere umano e umanità significherebbe che la percezione delle cose dipende dalla mente umana, diversa da quella animale. 

Uomo inteso come popolo e civiltà starebbe a significare che le cose si valutano secondo le abitudini delle comunità a cui gli uomini appartengono. 

Indipendentemente da come è inteso, Protagora voleva sottolineare come l’uomo fosse il criterio di giudizio della realtà o irrealtà delle cose. Da qui emerge una visione relativistica, non esiste una sola verità assoluta che vale per tutti, ma è “relativa” a colui che giudica. Allo stesso modo non esiste una legge che stabilisca cosa sia giusto o sbagliato, cos’è bene o male. Tutto si riconduce al contesto umano, sociale e culturale, per questo la sua concezione può essere considerata una forma di “umanismo”.

LA PAROLA molto importante che serve a far valere la propria opinione, per questo esiste la retorica, arte nel persuadere attraverso il linguaggio semplice e convincente. Protagora credeva che per ogni cosa si trovassero sempre argomenti a favore e contrari. Addestrava perciò i suoi discepoli al dibattito e alle discussioni così da insegnare a ognuno a far valere la propria idea. 

I SOFISTI

 I sofisti si concentrano sui problemi che riguardano l’uomo è la società, un inversione rispetto ai pensatori precedenti che invece si concentravano sul cosmo naturale e nel ricercarne il principio originario. 

Sofista (dal greco, in antichità significava “sapientissimo” ma non in senso positivo, evocando qualcosa di artificioso, e queste connotazioni negative furono attribuite dai filosofi Platone, principale avversario e Aristotele)

= considerati i primi insegnanti a pagamento della storia

Il sapere, inteso come bagaglio culturale, diventa un mestiere e i sofisti, spostandosi in cerca di discepoli acquisiscono una mentalità aperta e cosmopolita. L’ambiente in cui si muovono è l’Atene del V secolo, anti tradizionalista e critico, aperto alla discussione e al dibattito, infatti i sofisti manifestano la loro libertà di spirito e l’attitudine ad utilizzare la ragione in tutti gli ambiti. Il loro fine principale è quello del sapere, non della virtù guerriera ma di una virtù adatta al nuovo clima e ambiente caratterizzato dalla democrazia. Questa consisteva nella capacità di vivere in società: convincere gli altri delle proprie idee, assumere decisioni, partecipare ai pubblici dibattiti. Quindi da un lato c’era bisogno di un confronto civile e politico, e dall’altra una padronanza del linguaggio e della parola. 

I sofisti si impegnano anche per i giovani e per farli adattare alle nuove esigenze della vita sociale, offrendo loro un sapere che abbia risvolto pratico e operativo, che punta al successo. Erano consapevoli che non esisteva una verità unica (come invece si era pensato fino ad ora) ma più verità condivise. 

LE LEGGI

PENSIERO INTERNO ALL’OPERA Nelle "Leggi", Platone mira a trasferire nella società l'ordine armonioso che regola il cosmo. L...