domenica 5 maggio 2024

EDUCAZIONE

 EDUCAZIONE DEI FILOSOFI

Platone sostiene che il governo della città deve essere affidato a coloro che possiedono saggezza, ovvero i filosofi. Dopo aver delineato l'ideale di uno Stato giusto, dove ogni classe sociale opera per il bene comune, Platone conclude che spetta ai governanti ricondurre le forze in gioco verso l'unità, evitando il conflitto sociale. Solo i filosofi possono garantire questo risultato grazie alla loro dedizione allo studio e alla conoscenza razionale, superiore ad altre forme di conoscenza.

Il progetto educativo di Platone per i futuri filosofi-governanti mira alla ricerca della Verità e del Bene. L'educazione inizia a sette anni e si basa sulla ginnastica, sulla musica e soprattutto sulla matematica. Platone attribuisce alla matematica un ruolo centrale nella formazione dei filosofi, poiché considera che essa sia lo strumento principale per elevare l'anima alla luce delle idee e prepararla alla filosofia.

Dopo il servizio militare, i giovani studiano le scienze con un metodo che favorisce la visione d'insieme dei problemi. Solo a trent'anni, dopo un rigoroso processo di selezione, i migliori possono dedicarsi allo studio della filosofia e del metodo dialettico, che consiste nel cogliere la verità attraverso l'intelletto.

Dai trentacinque ai cinquant'anni, i filosofi partecipano attivamente alla vita politica per acquisire esperienza pratica di governo. Solo a cinquant'anni, dopo aver superato tutte le prove, possono accedere al governo della città. Tuttavia, Platone impedisce loro di avere famiglia o proprietà privata, per evitare che l'interesse personale possa corromperli. Questo ideale formativo si basa sull'aristocrazia del sapere e della conoscenza, con l'obiettivo di garantire la migliore gestione dello Stato.

RUOLO DELL’ARTE

Platone critica l'arte nel curriculum educativo dei futuri governanti dello Stato. Pur riconoscendo il valore della poesia e della musica per l'educazione morale, crede che l'arte possa confondere e influenzare negativamente i giovani, portandoli verso comportamenti immorali. Platone sostiene che le opere d'arte, anche quelle di autori rispettati come Omero, possono ingannare e sedurre i giovani, spingendoli verso l'ingiustizia anziché verso la virtù e il bene. 

Platone critica l'arte perché ritiene che essa sia un'imitazione di un'imitazione, lontana dalla verità assoluta delle idee. Gli artisti rappresentano la realtà sensibile, ma non comprendono le vere essenze degli oggetti. Questo può ingannare i giovani, facendo loro credere che l'essenza degli oggetti si possa percepire attraverso le opere d'arte, anziché attraverso la ragione filosofica. Platone ritiene che l'arte, essendo legata al mondo sensibile e all'immaginazione, sia controproducente per la formazione dei governanti filosofi, i quali dovrebbero concentrarsi sul mondo delle idee.


Platone critica l'arte perché ritiene che essa, oltre a proporre modelli moralmente negativi, allontani dalla verità ideale. Inoltre, nella cultura greca antica, si credeva che i poeti fossero ispirati dagli dei, entrando in uno stato di "furore divino" durante la composizione dei loro poemi. Platone paragona questa ispirazione alla possessione divina, sostenendo che i poeti siano i mediatori tra gli dei e gli uomini. Tuttavia, questo stato di estasi poetica porta alla mancanza di ragione, allontanandosi così dalla condizione filosofica. Inoltre, anche il pubblico viene coinvolto emotivamente dall'arte, soggetto alla suggestione e all'irrazionalità suscitata dalla poesia.



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